rinuncia
ai giochetti
vestiti
con un sacco
inasprisciti
fatti
una legge contro di me
fatti
una casa con me
la casa
dei pegni
nel
cellulare della polizia
al
pronto soccorso
sui
tetti
tra i
rifiuti caduti dal cielo
nudi,
con le bocche
con i
buchi
spalancati
ad
aspettare il vento rabbioso
che ci
pulisca
le
budella
sdraiati
accanto a me in una betoniera
due
aborti trovati in un container
due
carogne abbracciate in un portabagagli
non
muoverti
qualcosa
in noi
ancora
respira
sotto le
tonnellate di cemento
schifo
d’amore vorrei ricominciarlo da capo
che io e
te abbiamo mangiato tutto
bevuto,
fottuto tutto
quello
che si poteva uno dall’altro
insieme
abbiamo spremuto pustole
pidocchi
che ne
sanno questi
che gli
diciamo noi a questi
di noi
che
possiamo dire ancora
sotto il
soffitto illuminato di urla
ci
sputiamo addosso
con le
bocche secche di odio.
amore
con l’ovatta nelle narici
amore
con i soldi in petto
voglio
scrivere di te
come
scriverebbe un cane
con la
faccia nel lenzuolo
sniffo
riga dopo riga
il tuo
odore
in
ginocchio
ti vedo
che vai
con il
sole nello stomaco
presa
tra le auto
in mezzo
alla strada
come in
mezzo all’inferno
senti la
mia bocca
che ti
soffoca
dico
amore in una lingua
imparata
dalle interdizioni
scrivo
amore con un nodo in gola
una
femmina alta
mi spia
mi
colpisce le falangi
con una
riga di ferro
amore
cacciato
di casa
tu
conosci l’amore
solo
come una fuga da casa
ansimi
sotto di me
come
alla fine della fuga
e alla
fine non ti aspetta
niente
nessuno
neppure io
sussurri
amore con un nodo in gola
ascolti
tremando
casa tua
come
bussa forte alla porta
il loro
amore minaccia
ci
tireranno fuori per i capelli
nudi
nella tromba delle scale
parleranno
con noi nella loro lingua
la nostra
lingua d’amore
sapevo
di essere da qualche parte su una mappa al di sopra
di tutti
i luoghi e quando di mattina sei rimasta
da me,
l’ho sentito quasi fisicamente.
eravamo
stesi su due letti
in una
camera d’albergo fredda
ed
eravamo nell’ultima camera del mondo.
dietro
la testa oltre la parete non c’era più niente:
freddo e
non-chiaro. sotto la coperta le nostre dita
dei
piedi tese
e più
lontano i giorni venuti e andati,
con
tutta la loro luce a fluttuarci sopra.
d’inverno
la terra ha raggiunto i margini del sistema
e n’è
uscita. l’ho sentito chiaramente quando se n’è andata. la luna
si è
scossa e si è intorbidita, come iniettata
con un
liquido di contrasto. ma molto meno
drammatico,
quasi per niente,
come
tutto ciò che è stato ed è passato.
c’è un
altro sole adesso, con un’altra luce,
che
riscalda nello stesso modo.
stessa
funzione, altra sorgente.
lo capisci
bene quando ti si da il posto
accanto
all’ala: nuvole si estendono oltre il vetro
di
protezione come un campo di neve, di cui vedi
solo un
pezzo, quanto ti permette l’ala.
nemmeno
prima c’erano impronte di passi nel campo,
non ci
sono neanche adesso.
se apri
la porta d’emergenza,
ti
congeli, come anche prima, solo che non lo vedi più,
perché
non ci sono più emergenze.
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