martedì 5 febbraio 2013

 
Il contratto sociale è buono per natura?


Un imprevisto accaduto esattamente quando non doveva
e scopri che la demenza che a volte ti domina
è una ramificazione alle tue spalle,
in cui frughi con fatica tra i geni e con forza.
Cosa non ti lascia più vivere?
Non esiste risposta.
Vedi solo come ti degradi giorno dopo giorno,
come la smania si fa sempre più urgente
per-un-nonnulla: accidente storico,
una sgradevole sensazione di strangolamento
quando l’ascensore di ferma al tuo piano,
il cappotto quasi rotto e la primavera è lontana,
il battito che comincia a farsi debole
(allora devi premere con decisione in un punto preciso del polso
- pare che così dicesse la dottoressa sul treno dei pendolari
in cui ti sentivi sempre male),
i denti che si consumano, la speranza infantile
che solo la letteratura romena ti può salvare
oppure un viaggio al di sopra dell’oceano.
Senza invidiarli, osservi affascinata gli uomini equilibrati:
ti sorprendi all’infinito di quanto possano sorridere (che sia un sorriso?),
di quanti consigli possano dare, ricette di resistenza,
con quanta civiltà uniscano il giorno con la notte,
una civiltà allucinante.
No, non li invidi,
solo non credi più tanto che siano reali.
Sebbene la realtà la facciano loro,
non il tuo ghigno stanco, nauseato,
dietro questi occhiali
attraverso cui hai visto troppe cose,
che non ti servono più.

Alienazione, di certo.
Ma alienazione di chi?


Istruzioni
 
Ho scoperto per vie tortuose
che nel 1970 sarebbe nato
il più sanguinario dittatore al mondo.
Se le cose stanno così
ora, mentre lui ha 12 anni,
io ho l’età di Raskolnikov.


Via d’accesso
a Lucian Raicu
Non esiste episodio della vita
senza espressione.
L’iniziazione nel tellurico denso,
nella risata prossima alla morte,
nelle acque limpide che ci purificano
l’anima più tardi.
L’iniziazione nell’esperimento sociale,
prenderne atto nel passaggio dalla parte del vero
e del debole.
L’iniziazione nel verbo incandescente
e lui, il verbo, purificandoci e ancora più tardi
il passare degli anni, l’incapacità e la balbuzie,
il semplice obbligo di essere.

Nulla per caso, Dio, nelle tue dispense
fino a sentirlo nell’aria in cui pulsiamo condensandola.

Nulla senza espressione.


Il segno

Qui esiste un modo di essere in minoranza
anche nel momento
in cui vivi nella più nera maggioranza.
Questo dipende dal modo in cui intendi
passare i tuoi giorni specie in gioventù.
Per esempio, puoi cominciare un nuovo giorno
intonando piano l’Internazionale
oppure una delle canzoncine della tua misera infanzia.
Stessa cosa: non la finirai mai
ad una tavola decente
in pieno periodo di fame popolare.
Questo forse appariva complicato ad alcuni.
Se ti capita di essere anche poeta
allora le cose si semplificano incredibilmente.
Non hai ancora detto addio per bene
alla gioia del poema caldo
che lui già ti mette fuori dalla realtà
che ami così tanto,
di cui scrivi,
alla cui guarigione vuoi partecipare,
ma che non sopporti più
così come ti è cacciata in gola.
Quanto a me,
rappresentata dalla maggioranza
nella mia patria di minoranza,
con questa mano che trema
quando mi porto un pezzo di pane alla bocca.
non ho molto altro da dire.

Adesso a Francoforte è inverno.
Inverno è anche qui
in Siberi è inverno.

Da lì, dall’alto,
Rolf Bossert mi fa segno di non tacere,
di continuare
e io gli rispondo con il mio cervello informe
su tutti e tre i mondi allo stesso tempo.


Il muro

Io non ti giudico
e solo ti sembra
che le catene che porti
siano state chiuse da me
con le notti in cui ci siamo amati.
Non è mio il cedro del Libano
sotto cui stai e piangi.
E il gregge di capre della tua mente
non è stato pascolato da me,
non io ho alzato di nuovo il muro
dopo che era crollato.
E non ti giudico.
Sei libero e identico a me un giorno e qui,
sotto il terreno verso cui la vite
in autunno si ripiega in schegge,

demonizzata.


Poema d’amore

A volte mi guardo allo specchio
perché ci sia qualcun altro in questa casa
che odio da così tanto tempo
che non posso più vivere senza di lei.
La coscienza di sé in definitiva è
una condizione estremamente comoda – un sonno pesante.
Non può che assomigliare ai ricordi
del mio liquido amniotico
che tempo fa nominavo in un’arte poetica.

oppure alla morte
che ha rotto lo specchio
su cui scrivevo questo poema da così tanto tempo
che ora non può più vivere senza di me…


Lotta con l’utopia

In lotta con l’utopia ai margini della notte.
E come riproduci sottoterra
la vita della grande letteratura?
Una lotta persa.
Il sapore della stupidità è lo stesso
in tutte le lingue della terra.
E se ora mi toccassi piano gli occhi
non sentiresti che il freddo del metallo
attraverso cui guarderò da adesso alla vita.
Qui, dove la nostra giovinezza
continua ad essere il ricordo dei padri
della loro giovinezza.
Avevamo da molto i capelli bianchi
quando loro ci infilavano di nascosto sotto il cuscino
la fortuna che tarda a sorriderci.

In lotta ai margini della notte.

La nostra giovinezza – straccio –
che da lustro
alle armi preparate sempre per noi


Metà in metà

Ho sempre avuto paura di te.
Sempre ti ho amato da lontano
così come oggi e ancora più lontano
a Parigi che tu non hai visto mai
il ricordo di te passa di insonnia
in insonnia.
Sempre ho temuto che un giorno avresti intuito
che non sono fatta come gli altri, che mi manca qualcosa
e la malattia mi lavora in silenzio
mentre passo di libro in libro.
Oggi posso dire di sapere: niente è più difficile
che uccidere le proprie ombre per metà.
Niente porta la perdita di sé
tanto vicino.
Ho sempre avuto paura di te
e adesso lo vedo come trasmetto agli altri la stessa paura nelle ossa.
Si dice che ti assomigli
e non me ne libererò.
Ovunque cercassi di nascondermi
la mezzanotte ti guida
e cominciamo a passeggiare zitte e di traverso
per Parigi che tu non hai visto mai.

Metà in metà.

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